lunedì 7 maggio 2018

Sono solo marionette


Alla decima settimana dall'ultima tornata elettorale siamo all'"ultimo giro di consultazioni", alla disperata ricerca del premier terzo, all'immancabile totonomi, e il Capo dello Stato non ha fatto la cosa più ovvia e sensata: conferire l'incarico esplorativo definitivo, con obbligo di risultato, all'unico leader politico che è in grado di trovare e garantire i voti necessari nei due rami del Parlamento: Silvio Berlusconi. Perché è lui il nocciolo della questione, la dirimente che impedisce, così dicono, la formazione di un governo M5S-Lega. Mi si obietterà che, in base alla legge Severino, il noto pregiudicato è incandidabile, ineleggibile e interdetto a ruoli di governo, ma nessuno vieta al presidente della Repubblica di affidargli il compito di sondare il terreno e suggerire il nome dell'incaricato a formare il governo: del resto l'ha accolto amichevolmente e sorridente assieme ai colleghi Salvini e Meloni, come capo della coalizione che, lo dicono i numeri e lo certifica l'oscena legge con cui si è votato, ha vinto le elezioni del 4 marzo, fornendogli pure il palcoscenico per una delle sue sceneggiate più penose davanti alle telecamere nei saloni del Quirinale. In un Paese un minimo più serio un personaggio simile non avrebbe potuto candidarsi già dal 1994, eppure condiziona la vita politica italiana da allora, senza mollare la presa nemmeno all'alba degli 82 anni e ce lo terremo vita natural durante per una forma di usucapione della scena. Vero che un presidente meno accomodante non lo avrebbe accolto a braccia aperte per ascoltarne i suggerimenti, ma Mattarella è quello che è, uno che non è stato nemmeno in grado di difendere la legge elettorale che portava il suo nome: l'ultima, per quanto cervellotica, dotata di tutti i crismi di costituzionalità con cui abbiamo votato, preferendo firmare, senza fare una piega, l'inverecondo Rosatellum. E poi, l'ha ribadito lo stesso Mattarella, l'importante è che il futuro capo del governo porti avanti programmi coerenti con le emergenze nazionali e, soprattutto, con gli impegni europei del Paese. E da questo punto di vista Berlusconi è una garanzia contro il populismo: l'attestato lo ha ottenuto dai sopracciò della UE prima e dopo il voto e perfino di persona da Angela Merkel, quella che a suo tempo aveva definito culona inchiavabile. Che problema c'è? Un governo guidato da un premier indicato da Berlusconi, tecnico o politico, i voti li avrebbe: la Lega è antieuropea solo per finta e comunque l'uomo di Arcore tiene Salvini per i coglioni;  i pecorenzi del PD assicurerebbero nel caso un appoggio anche esterno, e non è escluso che lo facciano perfino i pentastellati, dal cui programma è scomparsa ogni posizione seppur velatamente anti-UE, o almeno un numero sufficiente di loro per garantire un'ampia maggioranza, magari con la promessa di riformare la legge elettorale: tanto poi si sa, così come le balle, se hanno le gambe, camminano, così anche i governi, finché hanno i voti in Parlamento, stanno su, magari per tutta la legislatura, come di fatto è accaduto con quelli espressi in quella precedente, passati solo nominalmente da Letta a Renzi a Gentiloni, costantemente teleguidati da Bruxelles e Francoforte, per non parlare di quello Monti, di diretta emanazione UE/Goldman Sachs. E quindi di cosa stiamo parlando? Non è evidente che la pantomima messa in scena da questa banda di pagliacci, anzi: di burattini, è stata l'ennesima arma di distrazione di massa oltre che una solenne presa per il culo? 

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