venerdì 8 dicembre 2017

Miseria e nobiltà


"Miseria e nobiltà" di Michele Sinisi e Francesco Maria Asselta dal testo di Eduardo Scarpetta. Regia di Michele Sinisi. Con Diletta Acquaviva, Stefano Braschi, Gianni D'Addario, Giulia Eugeni, Francesca Gabucci, Ciro Masella, Stefania Medri, Giuditta Mingucci, Donato Paternoster, Bruno Ricci, Michele Sinisi. Produzione Elsinor, Centro di Produzione Teatrale. Al Teatro Palamostre di Udine.
Felice reinterpretazione della celebre commedia in tre atti scritta in napoletano da Eduardo Scarpetta nel 1887, lo spettacolo messo in scena da Sinisi (che lo dirige anche in scena nei panni di Peppeniello, maneggiando una misteriosa botola luminosa che si sposta di qua e di là e che, aprendosi e chiudendosi all'improvviso, segna cambi di tempi, di scena e di prospettiva), che aveva debuttato a Milano due anni fa, la ripropone non tanto in chiave attuale quanto come una sorta di sintesi di tutte le versioni in cui è stata proposta nel corso del tempo diventando un archetipo del teatro italiano: da quella originale, a quella radiofonica, a quella in pellicola (il film di Mario Mattioli con protagonisti Totò e Sofia Loren è del 1954) e conosiuta ai più. La farsa, un meccanismo perfetto per catturare l'attenzione dello spettatore senza dargli tregua, è erede diretta della commedia dell'arte combinata alla tradizione napoletana: qui la lingua partenopea dell'originale viene sostituita da una miscellanea di accenti italici diversi, dal pugliese all'emiliano, al lombardo, al campano, a raccontare l'arcinota vicenda dello scrivano Felice Sciosciammocca e del suo compare Pasquale che, vivendo di stenti e non sapendo a quale santo votarsi per nutrire le rispettive famiglie, vengono miracolati dalla richiesta di un giovane marchese di prestarsi, insieme ai propri famigliari, a travestirsi da nobili sostituire i parenti del proprio casato, contrari alla sua relazione con Gemma, figlia di un cuoco arricchito, per estorcere a quest'ultimo, rozzo e ignorante, il consenso alle nozze, in cambio di un sontuoso pasto (l'abbuffata di maccheroni diventata iconica con Totò) e di ben tre anni di mantenimento a casa del credulone. Colpi di scena, equivoci e trovate lessicali, calembour a getto continuo in dialoghi dal ritmo sincopato; sogno e realtà, passaggio repentino dalla condizione di miserabile a quella di nobile e ritorno, differenze e similitudini, tra apparenze, inganni e vocazione al "tirare a campare" tra due mondi diversi ma simili, separati ma al contempo comunicanti. Una radiografia precisa dei rapporti sociali e personali che rimane attuale perché è quanto c'è di immutabile in un Paese che, in questo campo, non è mai cambiato finora. E se lo farà radicalmente, annullandosi nella cannibalizzante omologazione in atto, non è certo per il meglio. Palestra ideale per mettere alla prova le capacità degli interpreti da tutti i punti di vista, gli undici attori dell'affiatata compagnia vista all'opera ieri sera a Udine, Sinisi compreso, la superano di slancio. Peccato soltanto per il pubblico sotto le attese: chi c'era, ha apprezzo e si è divertito; chi è rimasto a casa si è perso uno spettacolo all'altezza.

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