sabato 18 novembre 2017

The Big Sick

"The Big Sick" di Michael Showalter. Con Kumail Nanjiani, Zoe Kazan, Holly Hunter, Ray Romano, Anupam Kher, Zenobua Shroff e altri. USA 2017 ★★-
Quando, giustamente, davanti all'ennesima commedia all'italiana, o francese, o spagnola, con le loro eterne macchiette e i luoghi comuni, e lasciando perdere le derive cinepanettonesche, si grida alla solita solfa, non si vede per quale motivo quando viene propinata l'ennesima storiella romantica con contorno di malattia di uno dei due che funge da deus ex machina per il lieto fine della storia d'amore altrimenti impossibile bisogna gridare al miracolo soltanto perché arriva dagli USA e perché è il trionfo del buonismo politicamente corretto. Questo e poco altro è The Big Sick, che porta sullo schermo la vita vera degli sceneggiatori Kumail Nanjiani Kazan, che ne è anche l'interprete principale, e la moglie Emily V. Gordon (Gardner nel film: non si capisce perché sia ia fatta sostituire da Zoe Kazan), che dalla sua ha soltanto il buon ritmo e la simpatia dei caratteristi a cui è affidata una trama tanto gracile quanto banale. Kumail, un giovane d'origine pachistana trascinato non si capisce perché negli USA dai genitori, è un aspirante cabarettista che di giorno fa l'autista di Uber a Chicago, e durante una recita viene interrotto nel suo monologo, zeppo di sconfortanti banalità, da Emily, una spiritosa studentessa che aspira, ma guarda caso, a diventare psicoterapeuta. Inizia una relazione di sesso-e-simpatia che regge finché viene mantenuta a livello di disimpegno, perché Kumail in realtà deve destreggiarsi nello sfuggire alla schiera di fanciulle pachistane che gli vengono sottoposte dai genitori, e in particolare dalla madre, a ogni pranzo famigliare a cui partecipa, e si guarda bene dal confessare ad Emily che non ha mai pensato di presentarla alla sua famiglia che dà per scontato che accetti un matrimonio combinato, come vuole la tradizione. Quando Emily lo scopre, il loro rapporto va in fumo ma lei si ammala a causa di un morbo misterioso fino a entrare in un coma indotto autorizzato proprio da Kumail (presente all'ospedale al momento del ricovero e che s ifa passare per un parente), che l'assiste fin dal primo momento. Lì conosce i genitori di Emily e durante la lunga e delicata degenza di Emily comincia a rendersi conto dell'importanza della loro storia e delle sue ambiguità, fino a decidersi a chiarire la sua posizione con la propria famiglia: in quest'occasione l'unico spunto apprezzabile di tutto il film, quando lui chiede ai genitori, senza avere risposta, il motivo per cui lo hanno portato negli USA, di cui conoscevano la diversità di costumi rispetto al Pakistan, imponendogli di diventare americano ma con lo sguardo al passato, portandosi dietro usanze e credenze che non ha più. Tutto il resto è scontato, situazioni e battute trite e ritrite: una riedizione buonista e multi-culti delle commedie romantiche degli anni Novanta tipo Harry, ti presento Sally, dove i pachistani svolgono il ruolo stereotipato che là era esclusiva degli ebrei newyorchesi. Un sorriso stentato e poco altro: robetta. 

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