martedì 30 maggio 2017

N€uroland


Le parole pronunciate da Angela Merkel, appena reduce dal G7 di Taormina domenica scorsa, a un convegno della CSU a Monaco di Baviera hanno suscitato una vasta eco perfino in un Paese come il nostro solitamente disattento alla dimensione internazionale, abituato com'è a essere governato non da servitori dello Stato (il proprio) ma, salvo rare eccezioni, del potente di turno, anche a costo di rendersi ridicoli fino al dileggio, com'era accaduto per le genuflessioni a  Gheddafi in occasione della sua ultima visita in Italia nel 2009 (salvo tradirlo all'occorrenza). In soldoni: non ci si può più fidare degli USA come alleati e l'Europa deve cominciare fare da sé. Al di là dello spaesamento degli esperti del nulla che sdottoreggiano sulla stampa nostrana, che ancora non si è ripresa dalla trumpata di novembre, schierata com'è da sempre sul fronte pseudo-democrat, nell'ultima occasione impersonato da Hillary Rodham Clinton e orfana di Barack Obama, non ha colto di sorpresa due bastian contrari come Massimo Fini e Slavoj Žižek, che ne scrivono in due articoli apparsi entrambi sul Fatto Quotidiano di oggi. Tutt'e due prendono spunto dall'effetto paradosso di avere a che fare con un individuo come Donald Trump a rappresentare gli USA: per Fini, in sostanza, l'aver fornito alla Merkel il pretesto per poter dire quanto chi comanda davvero in Eruropa avrebbe avuto sul gozzo da tempo; per Žižek l'opportunità, forse l'ultima, per le forze di sinistra, di progettare alternative radicali ma praticabili sotto la forma accordi internazionali di nuovo genere, alternativi al modello di quelli sul libero commercio, che pongano limiti al predominio delle banche, garantiscano i diritti dei lavoratori, i servizi sanitari e la salvaguardia dell'ambiente: tutto bene, anche se non pare di scorgere da alcuna parte una sinistra di tal genere, a meno che non ne sia interprete, a sua insaputa, proprio la cancelliera Merkel, la stessa delle bacchettate sulle dita e dei "compiti a casa" ai PIIGS, gli Stati membri dell'UE recalcitranti alla virtuosa contabilità teutonica e che fino all'altro ieri premeva per l'approvazione del TTIP da un lato, e per l'ingresso della Turchia di Erdogan nell'UE dall'altro, sponsorizzato proprio dagli USA, anche per il fatto ospitare almeno tre milioni di turchi in casa propria. Sono da sempre sulle posizioni di Fini per quanto riguarda la sostanziale occupazione dell'Europa da parte degli USA, che fino al 1989 si limitava alla parte occidentale con la messa sotto tutela, attraverso un paio di centinaia di basi militari, dei due Paesi sconfitti durante la Seconda Guerra Mondiale, la Germania e l'Italia, per estendersi dopo ai Paesi dell'area ex sovietica, attraverso la NATO a Oriente in barba agli accordi presi con l'URSS di Gorbaciov a suo tempo, e con il loro precipitoso e prematuro ingresso nell'UE, anch'esso incoraggiato dagli USA con lo scopo, evidente a chi avesse voluto vedere, di sabotarla dall'interno. Scrive Fini che la svolta anti-USA di chi comanda effettivamente in Europa, impersonato dalla Merkel, sia stato preceduto da un riavvicinamento tra Germania e Francia: si intende quella di Hollande, succube come pochi degli Stati Uniti? Quella del suo successore Macron, uno che ha cominciato la propria carriera come banchiere presso Rockefeller? La Germania che ospita qualcosa come un centinaio di basi USA e che affida la BCE, e dunque le sorti della Sacra Moneta Unica a un uomo di Goldman Sachs come Mario Draghi? Ci vuole molta fantasia per vederci qualcosa di buono. Uscire dalla NATO e formare un esercito europeo (posizione del tanto vituperato Generale De Gaulle ancora 50 anni fa)? Magari! Ma di quale Europa stiamo parlando? Quella originaria a sei? Quella a docici? Quella dell'Euro? Quella a 27 no di certo, perché nessuno degli Stati dell'ex patto di Varsavia rinuncerebbe alla "protezione" degli USA e alle loro basi nei rispettivi Paesi, a cominciare da quelli Baltici, alla Polonia, alla Romania, perfino al Kosovo (che pure della UE non fa - ancora - parte). E cosa farebbe l'Italia che, episodio di Sigonella del 1986 a parte, rispetto all'Amico Americano ha sempre avuto uno status simile a Portorico, ossia di territorio non incorporato negli USA? Misteri gaudiosi, che hanno tutta l'aria di rimanere tali, purtroppo. Ché di essere governato dai franco-tedeschi, piuttosto che dalla compagnia di mal tra insema espressa nel nostro Parlamento, grilloidi compresi, e con gli americani fuori dai coglioni sarebbe troppo bello. E, se fosse realizzabile, mi farebbe perfino votare Angela Merkel: ricordo che tempo addietro proposi, celiando ma fino a un certo punto, che di fronte allo stato di crisi permanente che ci colpisce e all'abnormità del debito pubblico, che l'Italia avrebbe dovuto chiedere l'incorporazione agli USA come 52° Stato (il 51° posto sarebbe stato riservato ad honorem, per i servizi resi, alla Gran Bretagna) o, in alternativa l'annessione alla Germania. Che si stia andando in quella direzione per davvero?

3 commenti:

  1. Frenerei gli entusiasmi: la "direzione" è un tantino più tortuosa e temo non succederà nulla del genere. L'idea di una Merkel focalizzata sugli interessi di bottega europea, per quanto questi poi alla fine coincidano solo con quelli tedeschi, perché stizzita da Trump, sia ancora un mero wishful thinking.
    Sarebbe come dire che pure lei è come Trump, e cioè che pensa con la pancia e reagisce rovesciando il tavolo solo perché l'americano non è d'accordo su robetta per boy scouts come il clima.
    Più probabile che si tratti di eseguire la sceneggiata richiestale da Barak nella recente visita, cioè di pubblicamente mettere Trump in difficoltà anche sulle relazioni internazionali, così da screditarlo secondo il disegno dei sostenitori della sconfitta Clinton (fra i quali appunto Obama), così da continuare a minare alle fondamenta la presidenza Trump, che ancora non è stato completamente "addomesticato" alle aspettative dei democratici americani del Deep State.
    Insomma, fumo negli occhi, regalino che dimostra non tanto l'alzata d'ingegno della Merkel ma se mai il suo convinto asservimento ai desiderata di chi comanda davvero a Washington...
    In ogni caso, basterà attendere pochi giorni (l'incontro fra Putin e Trump al G20 di luglio) per scoprire le carte.
    In preparazione di quell'incontro, però, mi pare più interessante l'incontro Macron-Putin: il primo ad alzare la cresta bacchettando la stampa russa e la sua "omofobia"; il secondo, ancora una volta, costretto a esibire un distensivo approccio democratico invitando il primo a esibire prove di quanto dice e a farsi un giro di persona per le strade omofobiche cecene...
    (Fini e Zizek sono due teste fine, ma hanno un grosso problema: non riescono ad uscire da se stessi, per cui ragionano oggi con la testa di 30 anni fa)

    RispondiElimina
  2. Infatti siamo nel mondo dei sogni, dove si fanno i conti senza l'oste (nella fattiscpecie l'occupante) e si ha la memoria corta. Tutt'al più si assiste al solito minuetto per cui chi ci ha portato nella situazione odierna e farnetica di Entità Europea sulle basi attuali, sono gli stessi che si propongono come deus ex machina per uscirne, senza nemmeno peritarsi di ammettere di avere sbagliato, indicare dove e come nonché i correttivi, ammesso che esistano. E poi, dopo essere stati servi degli USA per 72, mi spiegano come pensano di affrancarsene?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Infatti non pensano di affrancarsi dall'amico americano, ma solo da Trump. E' lui oggi l'obiettivo universale da colpire, a pari merito con Putin...

      Elimina