venerdì 17 marzo 2017

Il prezzo


"Il prezzo" (The price) di Arthur Miller, traduzione dall'inglese di Masolino D'Amico. Con Umberto Orsini, Massimo Popolizio, Alvia Reale, Elia Schilton. Regia Massimo Popolizio; scena Maurizio Balò; costumi Gianluca Sbicca; luci Pasquale Mari. Produzione Compagnia Umberto Orsini. Al Teatro Giuseppe Verdi di Pordenone il 14 e 15 marzo 2017. Dal 16 al 19 a Bolzano; il 22 a Cittadella (PD), dal 22 al 26 a Mestre (VE); dal 28 al 2 aprile a Verona.
Atto unico del 1968 di Arthur Miller, "Il prezzo" è un classico moderno pochissimo rappresentato in Italia e riproposto due anni da, in occasione del centenario della nascita del drammatrurgo americano, dalla Compagina Orsini per la regia, la prima in carriera, di Massimo Popolizio, e che ora è in tournée nei teatri della Penisola. Quanto mai attuale, il dramma si svolge in un'unico spazio, un appartamento ormai ridotto a un magazzino in un palazzo di prossima demolizione dove, dopo sedici anni in cui si sono persi di vista, si ritrovano due fratelli che convocano un broker, Salomon, un vecchissimo ebreo che le ha viste tutte, per stabilire il prezzo della mobilia lasciata dal padre, un tempo ricco ma che si era rovinato dopo la crisi del 1929. Quest'ultimo, interpretato magistralmente con ironica leggerezza e disincanto da un intramontabile Umberto Orsini, rimane così testimone delle schermaglie tra Victor, il fratello diventato poliziotto che, per assistere il padre, ha rinunciato a una brillante avvenire da scienziato, l'insopportabile moglie Esther, depressa e alcolista, che lo vessa rinfacciandogli l'atteggiamento rinunciatario, da perdente nato, e l'incapacità di gestire gli affari, e il redivivo fratello Walter, riapparso per l'occasione, diventato nel frattempo un chirurgo di fama e arricchitosi gestendo case di riposo, che ha fatto carriera infischiandosene dei doveri famigliari, delegati a Victor. Miller non giudica, ché ognuno ha le sue responsabilità, pure Victor, per cui il "sacrificio" opera anche come giustificazione per non essersi messo in gioco e non aver voluto vedere la realtà per quello che è e che, nell'America a stelle e strisce, nonostante la dura lezione della Grande Depressione, rimane dominata dal business in tutte le sue declinazioni e dal prezzo che ogni cosa ha, perfino la negazione del proprio passato. Regia asciutta ed efficace, interpretazione volutamente ingessata quella del Victor di Popolizio, a sottolinearne l'impaccio esistenziale e i tormenti interni, brillante quella dello strafottente Walter da parte di Elia Schilton, efficace e nella parte Alvia Reale nei panni della petulante Esther. Bello spettacolo, all'altezza delle aspettative, che nell'occasione erano piuttosto elevate. 

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