giovedì 12 gennaio 2017

Il cliente

"Il cliente" (Forushande) di Asghar Farhadi. Con Shahab Hosseini, Taraneh Alidoosti, Babak Karimi, Medi Koushki, Mina Sadati, Farid Sajjadi Hosseini e altri. Iran, Francia 2016 ★★★★½
Teheran, ai nostri giorni. Una coppia di attori di teatro (lui anche insegnante in un liceo), affiatata nella vita come nel lavoro (hanno il ruolo di protagonisti in Morte commesso viaggiatore di Arthur Miller), è costretta a lasciare l'appartamento dove abita perché il palazzo è pericolante (primo accenno alle speculazioni in atto in Iran e che ne hanno devastato la capitale) e, con l'aiuto di un collega, si trasferiscono in quello che era occupato, si scoprirà, da una prostituta. Una sera lei, Rana, lascia aperta la porta di casa mentre va a vare la doccia pensando che a chiamarla al citofono fosse il marito, Emad, e viene aggredita da un uomo che era un abituale cliente della precedente inquilina: questo fatto innesca un meccanismo implacabile per cui da un lato la donna diventa sempre più insicura, cade nel panico, non vuole denunciare il fatto per non dover affrontare le domande insidiose e magari allusive degli inquirenti, finendo perfino per colpevolizzarsi, in qualche modo, dell'accaduto (e qui il riferimento non è solo alla misoginia della mentalità di un Paese musulmano ma vale anche da noi, considerati casi anche recentissimi); dall'altro il marito, dopo essersi dissuaso dall'andare alla polizia, intraprende un'indagine personale per rintracciare il colpevole, dando inizio a una vera e propria caccia all'uomo finché non riesce a identificare il colpevole riuscendo ad attirarlo, con la scusa di fare un trasporto, nel vecchio appartamento, incastrandolo e facendolo confessare, fino all'epilogo, che non rivelo. L'impianto è quello della tragedia classica, quella greca, con il fato, l'elemento casuale, che irrompe nella quotidianità sconvolgendo il normale corso della vita e delle relazioni, rivelando aspetti nascosti e contraddizioni che si accumulano in un crescendo di tensione degne del miglior noir psicologico e non solo; la vicenda raccontata si intreccia e rimanda a quella che sta andando in scena a teatro, e trovano così spazio anche gli accenni alla censura operata dal regime iraniano nonché al momento incerto che sta attraversando un Paese in una fase di cambiamenti profondi già in atto, che vengono vissuti come ineluttabili e che entrano in conflitto sia con i residui di un modo di pensare tradizionale sia con le aspirazioni delle persone, in particolare i più giovani e più colti. Il film è molto bello, scritto e sceneggiato dallo stesso regista, Asghar Farhadi, è fluido e al contempo compatto, teso e coinvolgente, lasciando fino all'ultimo il dubbio sull'esito della vicenda; gli attori bravissimi, ma ha un'unica pecca: il doppiaggio, per cui la scuola italiana è universalmente riconosciuta ma in questo caso lascia a desederare. Imperdonabile, in una pellicola di questo valore, affidare le parole di alcuni personaggi non secondari a voci monocordi e dalla dizione incerta che sembrano leggere l'elenco della spesa e con immotivate cadenze dialettali, tra il ciociaro, l'abruzzese e il marchigiano. Peccato, ma per il resto notevole.

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