martedì 31 gennaio 2017

Afghanistan: il Grande Gioco


"Afghanistan: il Grande Gioco"*. I primi cinque episodi. Di Lee Blessing, David Greig, Ron Hutchinson, Stephen Jeffreys, Joy Wilkinson. Traduzione di Lucio De Capitani, regia di Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani; scene e costumi di Carlo Sala. Con Claudia Coli, Michele Costabile, Enzo Curcurù, Leonardo Lidi, Michele Radice, Emilia Scarpati Fanetti, Massimo Somaglino, Hossein Taheri. 
Coproduzione Teatro dell'Elfo ed Emilia Romagna Teatro Fondazione in collaborazione con Napoli Teatro Festival.
Al Teatro Elfo/Puccini di Milano fino al 5 febbraio.

* "The Great Game: Afghanistan" è stato commissionato e prodotto dal Tricycle Theatre di Londra nell'aprile 2009


Un corso accelerato di storia contemporanea, un saggio di recitazione da parte di un affiatato gruppo di interpreti convinti di ciò che stanno proponendo sul palcoscenico e una magistrale regia da parte dei due "padri" del Teatro dell'Elfo, Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, che ci hanno abituato in questi anni a proporre il meglio della più moderna produzione teatrale anglosassone (vedi Angels in America) con traduzioni  puntuali e adattamenti scenici attuali e innovativi, che integrano, all'occorrenza, anche mezzi espressivi diversi come quello cinematografico, come in questo caso. Per lo spettacolo Afghanistan: il Grande Gioco, che prende il nome dall'omonimo e famoso libro di Peter Hopkirk (Adelphi editore) ideato e prodotto dal Tricycle Theatre di Londra, uno dei maggiori laboratori di teatro politico esistenti, sono stati commissionati 13 racconti ad altrettanti tra i migliori autori inglesi (alcuni americani) da inserire in una carrellata che ricostruisce i rapporti tra il mondo occidentale e l'Afghanistan, Paese misterioso e cruciale sempre al centro del contendere, prima tra l'impero inglese e quello russo, ora tra i loro epigoni, a loro volta sempre costretti a fare i conti con una realtà locale che ignorano e sottostimano, un po' per supponente ignoranza, molto per stupidità e mancanza di memoria. Questa prima parte, che contiene i primi cinque episodi, si compone di due atti: "Invasione e Indipendenza, 1842-1930" con Trombe alle porte di Jalalabad di Stephen Jeffreys, La linea di Durand di Ron Htchinson", Questo è il momento di Joy Wilkinson; e "Il comunismo, i mujaheddin e i talebani, 1979-1996" con Legna per il fuoco di Lee Blessing e Minigonne a Kabul di David Greig: cinque scene emblematiche che vedono protagonisti una ventina di figure, maschili e femminili, tra i protagonisti più diversi (inglesi, afghani, russi, pakistani, americani) che costellano la storia dei rapporti tra quest'aera cruciale dell'Asia Centrale e il mondo occidentale negli ultimi due secoli e che vengono recitate da un insieme di attori ottimamente assortito e calibrato nei momenti in cui il sipario su cui scorrono filmati, immagini e mappe che accompagnano il racconto a voce delle tappe della vicenda si apre su un palcoscenico su cui si alternano scenografie semplici e al contempo suggestive, illuminate da giochi di luce sempre ben congegnati. Memoria, storia, geopolitica: il tutto in una forma teatrale moderna e innovativa scevra da ogni intellettulismo e da suggestioni velleitariamente sperimentali: ancora una volta esemplare. 

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