giovedì 7 luglio 2016

In cerca di giorni migliori in... Incognito


A due anni di distanza, a rallegrare l'estate friulana, in realtà abbastanza ricca di appuntamenti musicali e no, sono tornati a trovarci gli Incognito, una vera e propria Internazionale multietnica del funky-soul-blues, in una parole del groove, iniziatori del genere che è stato definito acid jazz fin dal loro primo album, Jazz Funk, apparso nel 1981, due anni dopo che il gruppo venisse fondato da Jean-Paul "Bluey" Maunick e Paul Williams. Ora siamo al 17° lavoro in studio, pubblicato appena una dozzina di giorni fa, il 24 di giugno, a due anni di distanza da Amplified Soul, che avevano presentato in una fresca serata agostana a Tarvisio, appunto, nel 2014. Identica la formazione di 11 elementi che ha accompagnato Bluey nel terzo concerto del Festival "Blues in villa" in svolgimento nella suggestiva Villa Varda presso Brugnera, quasi in riva al Livenza, tra Pordenone e Oderzo, tenutosi due sere fa. Un gruppo di musicisti e vocalisti  di altissimo livello, affiatati e coesi, che condividono il piacere di proporre un sound coinvolgente e pulsante, energetico ancor più quando proposto dal vivo, offrendo degli spettacoli che lasciano il segno e rendono protagonista anche il pubblico, e questo senza atteggiamenti da superstar o ammiccamenti furbeschi. Come quando Bluey racconta la sua storia di immigrato a Londra da Mauritius, della sua ammirazione per Stevie Wonder, che finì con il collaborare al suo progetto, come tanti altri, da Paul Weller a Chaka Khan a George Benson, per citare solo alcuni delle decine e decine di artisti che hanno partecipato nel corso degli anni a quell' autentico work in progress chiamato Incognito e che ha visto nel piccolo e corpulento immigrato da Mauritius il fulcro, l'unico immutabile nella band ma sempre pronto a fondersi con gli altri, accogliendone idee e proposte e incoraggiandone per primo le iniziative solistiche, come quella di Katie Leone con  il suo album Prism of Light. Cosa che ha fatto anche l'altra sera  durante lo spettacolo prima, e scendendo a firmare autografi e a chiacchierare con il pubblico dopo il concerto poi, perché Bluey è generoso e ricettivo coi suoi colleghi musicisti così come col pubblico. E i suoi partner, seguendone filosofia e modo di fare, non sono da meno, e dopo essersi prodotti in un concerto di due ore intense, corroboranti, trascinanti (anche il pubblico ha fatto la sua parte: a sentire buona musica ci va della bella gente, poche storie!), sono scesi con grande naturalezza dal palco confondendosi con la gente sul prato, chi chiedendo lumi per andare al ristorante della Villa, chi bevendosi una birra con qualcuno che lo ha riconosciuto come il sassofonista o il percussionista, o chi, come me, incocciando proprio in Katie Leone, zainetto in spalla e alla ricerca del punto di ristoro, le ha indicato la via, ribadendole  a voce quanto scritto due anni fa:  conratulandomi per avere ascoltato la più bella e grintosa voce femminile britannica degli ultimi vent'anni, sorretta da una presenza scenica di prim'ordine. E' finita che mi ha ringraziato lei per essere venuto al concerto. Mi è venuto in mente che in questi giorni si sono tenuti i mega raduni allo stadio per Bruce Springsteen, il Luciano Ligabue del New Jersey, uno di cui mi viene il dubbio se sia tra i più cretini tra gli americani o uno dei più americani tra i cretini oltre che sul senso del rapporto di questo populista del rock (se vogliamo chiamare tale la roba che suona) con "a' ggente". Dopo l'esplicito omaggio a Stevie Wonder, il concerto di Incognito (nomen omen) si chiudeva sfumando le proprie note in quelle di Bob Marley. Altra categoria, come volevasi dimostrare. Alla prossima!

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