lunedì 20 giugno 2016

Sballottati


L'avevo detto e lo ripeto: ride bene chi ride ultimo e i risultati dei ballottaggi di ieri sono incoraggianti in vista del referendum costituzionale d'autunno (di cui ancora si ignora la data). Che è l'unico appuntamento alle urne per cui abbia un senso impegnarsi in prima persona. E siamo anche a buon punto con la vera missione del De Firenzie: la dissoluzione, per rottamazione o implosione, del PD, come avevo auspicato e predetto a suo tempo. Un sogno, quello della sparizione dell'ultima mutazione genetica di ciò che fu il PCI, che coltivo fin dal 1977, quando quel partito rivelò definitivamente il suo vero volto: chi ha più o meno la mia età sa bene a cosa mi riferisco; i più giovani che eventualmente leggessero queste righe farebbero bene a informarsi su cosa accadde in questo Paese nei 10 anni che seguirono l'autunno caldo del 1969 e su chi, più ancora delle destre, gli abbia divorato il futuro, conculcando diritti, lavoro, istruzione e sanità e rendendo il presente un precariato continuo senza prospettive. Cose che, chi aveva gli occhi aperti e il cervello non obnubilato da ideologie fraudolente, non aveva faticato a capire ancora quarant'anni fa. Ma tornando ai risultati di ieri, il partito renziano non solo è stato annientato a Roma, Napoli e Torino (particolarmente goduriosa la débâcle di Fassino, già pezzo grosso della nomenklatura postcomunista e ora pidiota: eppure l'informazione di regime, ossia quasi tutta, lo fa tuttora passare per essere stato un buon sindaco, non capacitandosene), ma ha vinto solo per il rotto della cuffia a Milano (candidando alla successione di Pisapia l'ex City Manager di Letizia Moratti nonché commissario unico di Expo 2015) e di poco, e con partecipazione assai scarsa, a Bologna, roccaforte "rossa" (si fa per dire) da sempre. Per quanto riguarda realtà a me più vicine, i centrosinistrati sono riusciti a perdere anche Trieste che, dopo un solo mandato di Coso(lini), ha avuto così abbastanza della sua inconsistenza da preferire il ritorno, fino a poco tempo fa impensabile, del vecchio Di Piazza, e Pordenone, passata ai fascioleghisti dopo 15 anni di amministrazioni "progressiste" (si fa sempre per dire), e questo nonostante in Regione sieda alla presidenza Debborah Serracchiani, la vice di Renzie nel PD, e il suo vice sia Sergio Bolzonello, già sindaco per due mandati di Pordenone e caldeggiatore del suo successore Pedrotti, un'altra nullità, e della candidata a questa tornata Daniela Giust, che al ballottaggio ha superato di poco il 40%: un trionfo! Son soddisfazioni: come inizio dell'estate non c'è male, e ora torniamo a occuparci di altro in attesa del piatto forte, in arrivo forse in ottobre.

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