mercoledì 30 marzo 2016

Il condominio dei cuori infranti

"Il condominio dei cuori infranti" (Asphalte) di Samuel Benchetrit. Con Isabelle Huppert, Jules Benchetrit, Gustave Kervern, Valeria Bruni Tedeschi, Tassadit Mandi, Michael Pitt, Mickaël Graehling, Larouci Didi. Francia, Gran Bretagna 2015 ★★★★+
Piccolo grande film: inconsueto, ironico, filosofico e al contempo poetico, profondamente umanista, a dimostrazione che quando si hanno buone idee e chiare, e si ha il coraggio di sfidare il luogo comune e di metterle in pratica, i risultati possono essere eccellenti, specie se ci si avvale del contributo di interpreti di valore che si rendono complici dell'impresa del talentuoso autore e regista e che non prevaricano gli altri interpreti meno noti, permettendo loro di dimostrarsi all'altezza della situazione. La pellicola è tratta da due racconti di Chroniques de l'asphalte, dello stesso Benchetrit, e vede l'incrociarsi, nella squallida e grigia ambientazione del casermone di una banlieue francese, dei destini di tre coppie casuali di personaggi, ognuno dei quali ridotto alla solitudine dalle vicende della vita, che finiscono con l'incontrarsi e scambiarsi calore umano dando un senso alla loro esistenza attraverso la comunicazione con l'altro, ad di là delle differenze di età, cultura, sesso e condizione. Un'ex attrice in crisi esistenziale e sentimentale rimasta chiusa fuori di casa viene soccorsa dal vicino, un adolescente che vive da solo dato che la madre è costantemente assente per motivi ignoti, e i due finiscono per vedere i film anni Ottanta di cui lei era protagonista; c'è l'astronauta americano finito fuori rotta che atterra sul tetto del palazzo il quale, in attesa che la NASA venga a recuperarlo, viene accolto dalla signora algerina che lo nutre e lo coccola come se fosse il figlio che invece langue in galera: esilaranti sono le loro conversazioni che li portano a intendersi al di là dei diversi idiomi usati; infine c'è lo stralunato tizio del primo piano, che in una riunione condominiale si era rifiutato di pagare l'ascensore e invece è costretto a usarlo quando è ridotto per qualche tempo alla sedia a rotelle dopo essere stramazzato sulla cyclette, per cui esce di soppiatto soltanto quando è buio pesto e si innamora di una infermiera che fa il turno di notte e la corteggia con una dolcezza infinita spacciandosi per un fotografo del National Geographic (usando una vecchia Polaroid e una macchina dozzinale che dotata di flash ma non di pellicola). Siamo tra Beckett e Ionesco, eppure è puro cinema, rigoroso, lineare, senza fronzoli, di un umorismo spiazzante e carico di simpatia per questa umanità persa e devastata, ma alla fine scaldata dal desiderio capacità di comunicare. Da vedere.

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