giovedì 12 novembre 2015

Alaska

"Alaska" di Claudio Cupellini. Con Elio Germano, Astrid Berges-Frisbey, Valerio Binasco, Elena Radoncich, Antoine Oppenheim, Paolo Pierobon, Pino Colizzi, Marco D'Amore, Roschdy Zem. Italia, Francia 2015 ★★★½
Non intensa ma sempre interessante la produzione di Cupellini (mi aveva convinto in Una vita tranquilla del 2010) soprattutto perché anomala rispetto alla produzione corrente, almeno nel genere mélo-noir in cui si può inquadrare il film senza riuscire a definirlo del tutto, benché rimanga alla fine una storia d'amore intenso, contrastato, tra due persone profondamente sole che sembrano aver sciolto qualsiasi legame precedente e stanno disperatamente cercando un qualche futuro contando soltanto sulle proprie forze e, nei corsi e ricorsi della loro vicenda, sull'altro. In alcuni momenti le rispettive fragilità diventano una forza che li unisce, in altri li portano a schiantarsi in scelte repentine e autodistruttive. Fausto e Nadine si incontrano sul tetto di un grande albergo di Parigi durante una pausa-sigaretta: lui cameriere italiano che sogna di diventare maître, lei una ragazza che sta svogliatamente facendo un provino come modella: contrariamente a quel che sarebbero le premesse, lei viene scelta e si trasferisce a Milano, mentre lui finisce in galera prendendosi due anni per lesioni personali per averla difesa atterrando un facoltoso cliente che li aveva sorpresi nella sua camera. Nadine si reca a visitarlo solo all'inizio della detenzione, e Fausto trascorre il resto della carcerazione macerandosi in un amore che finisce di credere impossibile e tutto si aspetterebbe tranne che trovarla ad aspettarlo all'uscita. Colpo di scena, non senza dramma da chiarimenti, ma a buon fine e trasferimento a Milano, dove la coppia vive per conto proprio, non mischiandosi troppo al mondo modaiolo ma venendone alla fine coinvolto. Soprattutto Fausto, che vede aprirsi la possibilità di riprendere, almeno in parte, la strada già tentata a Parigi, diventando socio di Sandro, altro personaggio squinternato e vittima delle situazioni oltre che degli usurai, l'anima di un locale, l'Alaska del titolo, un club-discoteca situato in una chiesa sconsacrata. Peccato che lo faccia investendo, senza chiederglielo, il danaro risparmiato da Nadine e che costituiva il fondo cassa della coppia. Questa volta gira male a Nadine, che durante una discussione con Fausto rimane vittima di un incidente in auto e ha la peggio finendo con le gambe rotte, la carriera rovinata e un lungo periodo di riabilitazione, durante il quale Fausto le sta in buona parte a fianco finché qualcosa si rompe, e questa volta per responsabilità di lei. Fausto è sempre più proiettato in alto, finendo per fidanzarsi con l'erede di una lussuosa catena alberghiera e, assieme al matrimonio, vede avverarsi il suo sogno, ma quando sarà il momento di stare davvero vicino a Nadine non esiterà a farlo, perché alla fine sia lui sia lei riusciranno a dare il meglio ed essere sé stessi, e a essere realmente umani, solo occupandosi uno dell'altra, mentre col prossimo, forse per autodifesa, finiscono per essere cinici e senza riguardi. Le vicende attraverso cui passano i due personaggi sono improbabili, forzate, anche se verosimili in una realtà schizzata come quella modaiola milanese dove gente come Nadine, Fausto e Sandro sono degli outsider, comunque dei perdenti in partenza, nonostante momenti di gloria, ma alla fine è il rapporto tra questi due disperati che risulta credibile, vero grazie anche alla distanza che la regia prende dai personaggi, non facendo nulla per renderli gradevoli e nessun tentativo di giustificarli. Nonostante questo, ci sarà un happy end, forse: questa volta non all'uscita della prigione della Santé ma nella sala colloqui di un carcere milanese (non mi è chiaro se Opera o Bollate). Germano "è" Fausto (il regista ha detto di aver scritto la sceneggiatura pensando all'attore), Astrid Berges-Frisbey è credibile nel suo ruolo e così Valerio Binasco nel suo di gestore di locali milanesi, la regia sulla falsariga di Gomorra (la serie, a cui ha collaborato Capellini) e di Sollima, però con uno stile personale e "tocco francese". Può valere la pena, apprezzando il genere.

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