venerdì 13 febbraio 2015

Il ritorno a casa


"Il ritorno a casa" di Harold Pinter. Traduzione di Alessandra Serra, regia di Peter Stein. Con Paolo Graziosi, Arianna Scommegna, Alessandro Averone, Andrea Nicolini, Elia Schilton, Antonio Tintis. Scene di Ferdinand Woegerbauer; costumi di Anna Maria Heinrich; luci di Roberto Innocenti; assistente alla regia Carlo Bellamio. Produzione Teatro Metastasio Stabile della Toscana/Spoleto 56 festival dei Due Mondi. Al Teatro Palamostre di Udine.
Presentato al "Festival dei Due Mondi" di Spoleto di due anni fa e dopo una lunga tournée lungo tutta la Penisola, sono riuscito finalmente a intercettare questa versione di uno dei primi lavori di Pinter, rappresentato per la prima volta a Londra nel 1964: un testo crudo, che dipinge un microcosmo tutto al maschile, gretto, volgare, misogino, dotato di una carica di sopraffazione sempre sul punto di esplodere, e che si scatena con l'arrivo dell'unico elemento femminile, Ruth, interpretata da Arianna Scommegna, fresca vincitrice del Premio Ubu come migliore attrice italiana del 2014. La donna accompagna il marito Teddy in un viaggio dagli USA, dove è attivo come professore di filosofia all'Università, all'Inghilterra, in visita a ciò che resta della sua famiglia di origine: il vecchio e dispotico padre Max, già erede di una dinastia di macellai, i fratelli Lenny, che si rivela pappone che si atteggia a dandy, e Joey, un ritardato con l'ossessione di diventare un pugile professionista, infine lo zio Sam, l'unico maschio della tribù dotato di sensibilità e buone maniere. In una scena essenziale, costituita da un salotto piccolo borghese dell'Inghilterra di metà anni Sessanta, dove troneggia la poltrona in pelle del capofamiglia, sovrastata da un soppalco che funge da corridoio che porta alle camere da letto, si susseguono dialoghi rancorosi e provocatori quanto surreali che hanno come unico scopo quello di ribadire i rispettivi ruoli in questo strano ménage dove la deceduta Jessie, la rispettiva moglie, madre e cognata viene evocata al contempo come dolce immagine femminile e come puttana e rompiscatole. Il tutto con toni di voce spesso caricaturali, che sottolineano l'assurdità delle situazioni, mentre l'unica che rimane algida e quasi monotona è quella di Ruth che, pur presa di mira come corpo estraneo ma allo stesso tempo desiderato, a differenza del marito, che non a caso si è rifugiato nella filosofia rinunciando a contrastare le sopraffazioni del padre e dei due fratelli, non si lascia intimidire e proprio quando capisce che i tre vogliono tenerla in loro potere, facendola prostituire e usandola a loro volta, accettando questo ruolo prende in mano la situazione ribaltandola e finendo per essere l'artefice di un raggiunto equilibrio all'interno delle dinamiche solo all'apparenza assurde di questa famiglia alla fine per nulla fuori dal comune. Il ritorno a casa del titolo sarà non tanto quello di Teddy, da solo, negli USA quanto quello di Ruth, pure lei di origine inglese, a Londra. Un po' di lentezza nella seconda parte, che poi sarebbe anche quella più dinamica, ma le tre ore di spettacolo scorrono con buon ritmo e la giusta tensione, grazie anche all'impeccabile prestazione di tutti gli interpreti. Pubblico folto, attento e appagato. 

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