giovedì 8 gennaio 2015

Charlie It's Me!

Charlie Watts, another Old Rolling Rock

Siamo alle tragicomiche. Mentre il cretinismo "social" impazza, traducendosi in una logorrea collettiva e globalizzata oltre che nella desertificazione della ragione, pochi si pongono alcune elementari domande. Com'è possibile che nel pieno centro della capitale di un Paese ad alto rischio abbia totale libertà di azione un commando (di due persone) che agisce con tutta calma (come si è potuto apprezzare dai filmati ritrasmessi migliaia di volte nella giornata di ieri) colpendo un obiettivo ultrasensibile come la sede di "Charlie Hebdo", già oggetto di un assalto quattro anni fa, "difeso", si è visto con quale efficacia, da due poveri cristi in divisa che ci hanno lasciato la ghirba? Dopo aver eseguito una vera e propria fucilazione collettiva all'interno della redazione (va ricordato: una delle più scomode in assoluto al mondo, oltre che irriverenti e critiche col sistema e con ogni ideologia), i due individui, inneggianti Allah, in tuta da combattimento e armati fino ai denti con tutto comodo hanno ingaggiato una seconda sparatoria per strada, mentre l'automobile con cui sono fuggiti attendeva in mezzo alla carreggiata con le portiere aperte: uno degli assassini ha perfino avuto il tempo di raccogliere una scarpa che aveva perso. Il tutto sotto gli occhi di centinaia di videocamere che ormai monitorano costantemente ogni metro delle nostre città. Mezz'ora dopo il fatto arriva sul luogo, tutto impettito, il miserabile cretino che i francesi hanno eletto presidente della Repubblica ad affermare piccato che nei giorni precedenti erano stati sventati altri attentati e nessuno dei solerti cronisti, che pure dovrebbero sentire qualche moto di solidarietà nei confronti dei loro colleghi massacrati, che chieda a questo pagliaccio imbellettato di fornire le prove di quel che sta blaterando e come mai la sede del giornale fosse così scarsamente protetta. Mi limito a questo. Qualche "social-cretino" nei suoi deliri è arrivato ad affermare che è colpa del Mossad, altri a gridare al complotto. Non sono tra questi ultimi però, memore di quanto accaduto col cosiddetto terrorismo rosso e nero in Italia, sono incline a pensare a delle connivenze se non complicità o, in altri termini, all'uso strumentale dell'utile idiota di turno. Fa troppo comodo a tutti, ai fan dell'Isis come ai paladini del nostro occidentale "way of life": seminare la paura, distrarre l'attenzione e indurre a posizioni manichee è funzionale a creare un clima di guerra, di eterna emergenza e farla diventare un'abitudine, giustificando così misure estreme, di sicurezza ed anche di altro genere, economico ad esempio, o relative alla libertà d'espressione (ricordo anche di recente l'uso a sproposito del termine "eversivo" riguardo ogni manifestazione di dissenso, perfino riferito a un voto parlamentare). Con questi chiari di luna, non mi stupirei che passasse inosservata la firma, a titolo di esempio, del famigerato trattato TTIP, di cui nessuno parla. Sono un malpensante? Può darsi, ma ditemi un motivo per cui dovrei bermi tutte le stronzate che ci vengono propinate quotidianamente a dosi da cavallo. I redattori di Charlie Hebdo che oggi vengono ipocritamente pianti come eroi non ci sarebbero cascati e non si sarebbero uniti al coro. Di questo sono certo.

1 commento:

  1. Momento, please: Charlie It's not me
    1. sinceramente, prima di ieri, nemmeno sapevo dell'esistenza del giornale né della sua attività, quindi non rivendico di essere ciò che nemmeno conosco
    2. sono sempre sospettosa sulla immediata presa di slogan virali che riescono a mobilitare nel giro di poche ore persone che dichiarano di riconoscersi nelle vittime di un attentato pieno di dettagli in contraddizione fra loro.
    Non è forse l'adozione di tutti di questo mantra virale, segno della perfetta riuscita di un possibile uso strumentale di cui parli el post, il cui senso condivido? Se siamo tutti Charlie, siamo di fatto tutti contro qualcuno che l'attentato ci indica come colpevole. Solo che, per ora, si tratta di un colpevole piuttosto confuso nei suoi tratti distintivi.
    Per qualche ragione, che non so spiegare, la storia dei fratelli indicati come colpevoli mi ricorda la strana storia dell'attentato della Maratona di Boston.
    Così come ricorda molto quell'attentato la chiusura delle entrate a Parigi, due fratelli che scappano mentre il terzo si arrene ma dichiara e prova di avere un alibi e non c'entrare niente perché era a scuola, l'apparente professionalità dei massacratori che stride con il fatto che prima sbagliano porta (entrano al civico 6 anziché al civico 10; poi però per entrare al 10 serve un codice numerico e quindi (immagino con il kalashnikov in spalla e la tenuta da corpi speciali ben visibile) minacciano una donna la quale inserisce il codice per farli entrare. All'ingresso c'è un portinaio, che evidentemente non si accorge di quanto sta succedendo fuori e infatti quelli lo sparano appena dentro per evitare che dia l'allarme.
    Poi entrano in redazione e cercano le vittime una per una, e in quel "cercano" mi si dice che ne conoscevao i nomi ma forse non proprio bene la fisionomia.
    Poi escono a sparano a un altro paio di poliziotti però trovano il tempo di raccattarsi una scarpa e mollano l'auto subito dopo, ma con i loro documenti di identità ben visibili sul sedile posteriore.
    Poi vengono individuati a nordest di Parigi mentre stanno tornando a Parigi, cioè vanno verso nordest ma poi tornano indietro e per rendersi invisibili che fanno? Coprono la targa dell'auto.
    Dei geni. Poi abbandonano anche quest'auto, e dentro vengono trovate armi (buttarle via mentre sono in corsa fa brutto, evidentemente, con quel che gli sono costate, e però poi, costretti, tzsk!, tocca mollarle.
    Intanto migliaia e migliaia di poliziotti, militari, forze speciali e perfino pompieri vengono lanciati alla caccia degli attentatori per tutta Parigi e per tutta la Francia.
    Ma loro sono meglio di Diabolik: hanno la tutina nera e il passamontagna, così non li vede nessuno e tanti saluti al secchio.
    Ok, vado a lavorare...(scusa per l'occupazione di suolo privato ma 'ste storie stimolano parecchio la Miss Marple che mi nascondo dentro, e questi sono i risultati...)

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