lunedì 4 novembre 2013

La vita di Adele

"La vita di Adele" (La vie de Adèle) di Abdellatif Kechiche. Con Adèle Exarchopoulos, Léa Seydoux, Salim Kechiouche, Mona Walravens, Jeremie Laheurte e altri. Francia 2013 ★★★★+
Fermo restando che tra i film presentati a Cannes la scorsa primavera preferisco "La grande bellezza", questa discussa pellicola di Kechiche, premiata con la Palma d'Oro, è notevole per due aspetti, che si integrano a vicenda: la straordinaria interpretazione della giovanissima protagonista, la diciannovenne Adèle Exarchopoulos, e la naturalezza con cui il regista racconta la vicenda del film, che non sarebbe stata possibile se tra essi, regista e attrice, non si fosse instaurato un rapporto di totale fiducia e intesa che permettesse alla macchina da presa di scandagliare ogni minima espressione, facciale o corporale di lei. Perché la Exrchopoulos parla con ogni dettaglio del suo viso e del suo corpo, con le sue reazioni, coi suoi movimenti, i suoi sguardi, oltre che con le parole che, trattandosi di un film francese, abbondano: ma non sono mai fatue in bocca ad Adele e alla ragazza di cui è profondamente innamorata, la Emma dai capelli blu interpretata da Léa Seydoux. Si tratta, di fatto di una grande storia d'amore, in particolare quella di una ragazza innamorata; seguendola nel percorso da liceale con la passione della letteratura, Marivaux in particolare, a insegnante: ciò che sempre ha desiderato diventare, per trasmettere ai bambini quel che ha imparato in lunghi anni di scuola e sui libri che ha amato. Un'adolescente in preda alle inquietudini della sua età, senza particolari grilli per la testa però mai banale, nata in una famiglia di livello medio-basso, che ha una relazione che non la soddisfa con Thomas, suo compagno di scuola: sente che le manca qualcosa ma non riesce a capire di cosa si tratta fino a quando non incontra Emma, una studentessa d'arte un po' più vecchia di lei, ed è il colpo di fulmine che le cambia l'esistenza e le dà quella dimensione, che non è solo sessuale, che non sapeva di avere. Da qui nasce un rapporto profondo, molto appassionato e sensualmente appagante che segnerà per sempre le due ragazze, pur nelle loro differenze, che sono sociali e quindi di aspirazioni, modo di rapportarsi col prossimo, con la propria famiglia d'origine, financo col cibo. Il tutto espresso attraverso sfumature, particolari, frasi, gesti mai casuali eppure perfettamente naturali, come dicevo sopra; mai in maniera morbosa, e meno che mai nelle lunghe scene di sesso esplicito: per questo il film merita di essere visto. E non ci si accorge che dura ben tre ore, cosa che non si direbbe mai di un film transalpino di cui pure ha alcuni aspetti tipici come la verbosità e il parlarsi addosso di personaggi macchiettistici come quelli di una certa gauche artistoide non dissimile del resto da quella nostrana e altrettanto insopportabile; o l'abbondare delle scene da ballo: come nella stragrande maggioranza dei film italiani, non possono mancare almeno 4 o 5 scene in discoteca o di feste in cui gli interpreti si dimenano come macachi. Perfino in queste occasioni l'unica in grado di parlare con il corpo, anche solo accennando a dei movimenti e non risultando mai "forzata", è la strepitosa Adèle Exarchopoulos. A meno che non sia sia limitata a interpretare sé stessa (cosa del resto improponibile visto che il film si sviluppa lungo un lasso temporale di almeno 4-5 anni, e alla fine la vedremo già insegnante di ruolo in una scuola elementare), cosa che avrebbe comunque fatto in maniera eccezionale e mostrando un talento fuori dal comune, di lei sentiremo ancora parlare per i prossimi decenni, e per lei sola questo film meriterebbe di essere rivisto. 

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