giovedì 28 novembre 2013

Avanti il prossimo

La mia, più che una sensazione, è pressoché una certezza: i trionfalismi di ieri, la celebrazione della decadenza di Berlusconi da parlamentare come una sorta di 25 aprile, la Liberazione dal fascismo, non fanno i conti con l'oste, ossia con la storia: cioè con la maggioranza del popolo italiano che, come del resto quello russo e tanti altri su questa Terra, non riesce a fare a meno di identificarsi con un capobranco, una figura salvifica o, per altri, malefica, un feticcio a cui addossare tutto ciò che non funziona. Già si dimentica che il ventennio berlusconiano, dichiarato chiuso con una certa precipitosa avventatezza e, naturalmente, senza alcuna analisi seria da parte dei media più diffusi, è stato preceduto da un quindicennio di Craxismo e da quarant'anni di sostanziale Andreottismo, che dispiegano del resto i loro effetti perniciosi ancora oggi, mentre dall'altra parte (della medaglia, non della sostanza) fanno ancora i conti con il miserabile cinismo, l'inarrivabile arroganza a nascondere la sostanziale piccineria, la doppiezza e lo sfacciato opportunismo di una figura morta ormai da cinquant'anni come Togliatti. Il suo successore nel PD ex DS ex PDS ex PCI Gugliemlo Epifani sostiene che col voto al Senato di ieri non si sia fatto altro che applicare la legge (e in effetti è stato nulla più che un atto dovuto, peraltro procrastinato di quasi quattro mesi) tralasciando di ricordare che i suoi predecessori si sono ben guardati, fin dal 1994, di applicare quella del 30 marzo 1957 numero 361 sull'ineleggibilità dei beneficiari di concessioni pubbliche; i parlamentari del M5S festeggiano a spumante; tutti quanti insieme incorrono nel consueto errore di scambiare la causa con gli effetti: in altri termini Berlusconi non è la malattia, ma il sintomo; così come la crisi dei subprime e ciò che ne è seguito è la conseguenza logica di un sistema che non non può funzionare, e completamente impazzito. Come diceva Giorgio Gaber, "non temo il Berlusconi in sé, ma il Berlusconi in me". Conoscendo questo Paese, i tempi sono maturi per il suo successore nell'eterna commedia all'italiana.

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