venerdì 11 ottobre 2013

Lo scafista e lo schifista

Lo scafista è il braccio esecutivo, protagonista della fase finale della tratta di umani che quotidianamente dalle sponde africane e talvolta mediorientali del Mediterraneo porta frotte di migranti a quelle europee e italiane in particolare: l'unico visibile, che ogni tanto viene colto in flagrante, arrestato e qualche volta perfino condannato (le pene, di cui raramente si ha notizia, si aggirano attorno ai sette anni di reclusione) mentre le altre figure coinvolte, dagli organizzatori "a monte" ai complici nelle forze di sicurezza dei vari Paesi d'uscita (e probabilmente anche d'entrata) inevitabilmente coinvolti, rimangono puntualmente nell'ombra e nessuno si cura di andarle a scovare e smascherare. Il fenomeno nel suo complesso, e mi riferisco sia alle migrazioni sia alla tratta degli schiavi, non è soltanto locale né attuale: si verifica al giorno d'oggi anche nel Continente australiano e in quello americano, vedi la frontiera tra USA e Messico, e le reazioni nei Paesi d'entrata sono ovunque improntate al contempo all'isteria isolazionista e allarmistica come alla rimozione, ossia al menefreghismo. Gli USA, che si pongono come modello di civiltà, di diritti umani e di democrazia da esportare a livello globale, del resto si sono fondati sul genocidio degli indigeni e la schiavitù d'importazione, e le prime leggi serie contro la discriminazione razziale si sono avute soltanto durante gli anni Sessanta del secolo scorso, unica breve stagione di progresso e di speranza in un'epoca tutto sommato buia che perdura. Lo scafista, insomma, è una personaggio che è sempre esistito: un tempo lo si chiamava negriero. Lo schifista, invece, è una figura del tutto nuova, anche se altrettanto repellente, che opera sul piano politico e mediatico nazionale (anche se disprezza, non a torto, i giornalisti italiani), eterodirige il movimento (5 Stelle) più votato alle ultime elezioni politiche e i suoi gruppi parlamentari, vive appartato in una bella villa a Sant'Ilario nell'entroterra genovese quando non veleggia per mare con lo yacht: è la navigazione, con le conseguente consuetudine con l'elemento marino che ha in comune con lo scafista (e pure una certa  esperienza in naufragi) oltre che il lucrare, per quanto metaforicamente, sulla pelle dei disgraziati che provano a raggiungere l'Italia (il più delle volte come tappa intermedia, per proseguire verso lidi più accoglienti: ma questo evita di dirlo). Mi riferisco, com'è evidente, a Beppe Grillo, e alle posizioni assunte nei confronti dell'emendamento presentato da due senatori del M5S (o meglio portavoce, secondo il lessico suo e del degno socio Gianroberto Casaleggio) sull'abolizione del reato di clandestinità (un controsenso concettuale e giuridico che fa il paio con obbligo di pareggio di bilancio in Costituzione) perché "non faceva parte del programma votato da parte di otto milioni e mezzo di elettori". Tra cui io, lo ammetto: che però prima che un programma (condivisibile in buona parte, ma anche velleitario e incompleto) avevo votato per una rappresentanza parlamentare che fosse in grado di fare opposizione (indipendentemente dal fatto che un ordine del giorno o un disegno di legge da discutere in aula fossero contenuti nel programma del M5S oppure no) e comunque scompaginasse le carte in un quadro politico mummificato oltre che di malaffare come quello nostrano. Finora, a parte le insicurezze e la confusionarietà delle prime settimane, ho anche avuto modo di apprezzare l'operato dei deputati e senatori del M5S, mentre mi fa sempre più imbestialire quello dello schfista e quello del suo compare. "Se durante le elezioni politiche avessimo proposto l'abolizione del reato di clandestinità, presente in Paesi molto più civili del nostro, come la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti (in cosa consista questa "molto maggiore civiltà", specie degli USA, i due maggiorenti del MoVimento non lo dicono, ndr), il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico", ha avuto il coraggio di scrivere il Duo Meschino, ed è vero che durante la campagna elettorale certi vellicamenti dell'umore dell'elettorato para-leghista e forzitaliota erano stati motivo fino all'ultimo dei miei dubbi sul voto ai pentastellati, che non avrei dato se le loro posizioni in proposito di fossero appalesate fin da subito con chiarezza. "Questo emendamento è un invito agli emigranti dell'Africa e del Medio Oriente a imbarcarsi per l'Italia. Il messaggio che riceveranno sarà da loro interpretato nel modo più semplice: La clandestinità non è più un reato", concludono, tralasciando che l'esistenza della Legge Bossi-Fini, in vigore dall'estate del 2002, e che ha previsto il reato di clandestinità, non ha impedito da allora, e sono 11 anni, l'arrivo in Italia di centinaia di migliaia di migranti, di cui si stimano in almeno mezzo milione gli irregolari, e questo al costo di diverse migliaia (una stima per quanto vaga è impossibile) di morti annegati. I vellicamenti di cui sopra, in campagna elettorale, erano consistiti in riferimenti più o meno larvati all'assistenza che lo Stato italiano offrirebbe agli stranieri per negarla agli italiani; nella contrarietà alla concessione della cittadinanza in base allo ius solis o alla residenza (regolare e continuativa) da meno di dieci anni, per non parlare del diritto di voto (che, in un Paese davvero civile, dovrebbe essere legato al pagamento dei contributi); nell'abusato ritornello del "lavoro che viene tolto agli italiani" e nelle strizzatine d'occhio ai bottegai, ai micro-imprenditori e in genere ai piccolo borghesi alla ricerca del Perón di turno, terreni di caccia al voto privilegiati per il nostro schifista da sbarco e da diporto, evitando accuratamente di dire che è attraverso l'utilizzo spregiudicato di una manodopera mansueta e ricattabile proprio perché clandestina e quindi penalmente perseguibile che si è fatto dumping salariale mettendo alle corde la manodopera italiana, abbassando sempre più al contempo i livelli di garanzie e diritti di tutti: ma invece di dare la caccia a chi utilizza e sfrutta il lavoro degli "irregolari", facilmente individuabili nelle campagne come nei laboratori e nei cantieri delle grandi città, si preferisce prendersela con i migranti appena sbarcati, e magari freschi reduci da un naufragio o da un incendio come a Lampedusa otto giorni fa, immediatamente riconoscibili come "clandestini" e trattati irremovibilmente come tali. In quest'ottica, cinicamente elettorale, si comprende anche come per il Conducator a Cinque Stelle, sempre più un clone di Berlusconi in versione aggiornata, la rimozione del cosiddetto "Porcellum" sia tutt'altro che una priorità, con il proposito esplicito di raggiungere così l'agognato 51% dei seggi parlamentari, tutti occupati da meri portavoce ed esecutori indicati e di fatto nominati direttamente da lui e da Casaleggio così come dai politburo dei tanto esecrati partiti. A cui il M5S concepito da il Gatto e la Volpe 2.0 è diversamente uguale.

1 commento:

  1. A cui il M5S concepito da il Gatto e la Volpe 2.0 è diversamente uguale.
    Ecco, voglio pensare che gli eletti 5S possano, se vogliono, affrancarsi dal "concepimento" per continuare, di decreto in decreto, a camminare sulle proprie gambe affrontando il rischio di divisioni, quasi certe, e magari trovando un loro nuovo simbolo con il quale presentarsi all'Italia senza dover sottostare alle scudisciate impietose dei due padri, i quali non si capisce perché non continuino a veleggiare e a scafeggiare, anziché proporsi come riformatori di una morale politca dal ponte di uno yacht o dal solarium bordo piscina della villozza ligure...

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