venerdì 13 settembre 2013

Il mondo di Arthur Newman

" Il mondo di Arthur Newman (Arthur Newman) di Dante Ariola. Con Colin Firth, Emily Blunt, Anne Heche, Stering Beaumon, Kristin Lehman, Philip Troy Linger, David Andrews. USA 2012 ★★½
Film d'esordio per Dante Ariola, finora acclamato regista pubblicitario, non è né banale né brutto però risulta incompiuto, senza respiro e senza nerbo, abbastanza prolisso e si salva in parte per la bravura degli interpreti ( curiosamente ambedue inglesi e molto "brit") e in parte per l'argomento, che a mio parere non è tanto la ricerca della propria vera identità di entrambi i personaggi, quanto il motivo per cui la perdono, o meglio preferiscono perdere la propria, e che risiede nell'alienante American Way of Life, o almeno è quello che ci ho visto io e tanto mi è sufficiente per dargli una pur stiracchiata sufficienza. Wallace Avery, sulla cinquantina, si sente sostanzialmente un fallito. Caporeparto alla Federal Express di Orlando, in Florida, divorziato, con un pressoché inesistente rapporto con il figlio adolescente che lo trova insopportabilmente noioso (così come lo trova tedioso pure la sua nuova fidanzata, che lui a sua volta capisce di non amare davvero), frustrato per non aver seguito fino in fondo la sua unica vera passione, quella del golf, di cui era un discreto giocatore che non è però emerso a causa di una serie di blocchi psicologici, decide di inscenare una scomparsa per probabile annegamento e assume una nuova identità dopo aver comprato da un falsario nuovi documenti e una Mercedes cabrio con cui intende recarsi a Terre Haute, in Indiana, nelle vesti dell'Arthur Newton del titolo e cambiare vita, finalmente sé stesso: sotto la nuova identità ha accettato l'invito del proprietario di un club di diventare maestro di golf.  Combinazione, il suo destino si incrocia subito con quello di "Miki", una ragazza che soccorre e porta in ospedale dopo che si è scolata un paio di bottigliette di medicinale tossico. Cleptomane, disturbata, scopre subito la falsa identità di lui mentre Wallace/Arthur ci mette un po' a svelare quella della ragazza venendo a sapere, man mano che prendono confidenza e lei si lascia andare, che anche lei ha "rubato" l'identità di sua sorella, ricoverata in un ospedale pisichiatrico, e che sta fuggendo da lei, dal passato della sua famiglia segnata dalla follia, con una madre schizofrenica e suicida, ma soprattutto da sé stessa e da quello che teme essere il suo destino: essere una "bomba genetica" pronta ad esplodere. Il film diventa a questo punto una vera e propria avventura on the road di due persone che apparentemente non potrebbero essere più diverse, lui impiegatizio e ligio al dovere, alle leggi e alle forme, lei irregolare, anarchica, imprevedibile, ma in realtà assai simili e, attraversando i tre o quattro Stati che li porteranno dalla Florida in Indiana, si intrufolano nelle vite di altre coppie che seguono, nelle loro case quando sono assenti, nei loro vestiti, nei loro letti, in un misto di gioco, provocazione e mascheramenti. Nel frattempo a Orlando il figlio di Wallace comincia a incuriosirsi della figura di suo padre proprio quando sembra dato per scomparso, e lo fa  frugando le sue carte e le sue cose e attraverso le domande imbarazzanti alla sua fidanzata: solo da probabile morto comincia a interessarsi a lui. Giunti assieme, Awery/Arthur e Miki Charlotte, a Terre Haute, formando ormai ufficialmente una coppia, Newman (un nome non a caso) viene smascherato anche dal suo mentore che, cercando su "Google", scopre che non c'era mai stato un giocatore che avesse vinto alcun trofeo nel passaggio a professionista con quel nome, mentre le gare che aveva vinto erano in realtà di categoria inferiore e sotto il suo vero nome. Perso il posto e svanito il sogno, entrambi rientrano nella realtà e non può mancare lo Happy End tipicamente americano, con lei che torna a farsi carico della sorella e lui a conoscere finalmente suo figlio. Però non si perderanno di vista. Quel che non stupisce è che due persone particolarmente sensibili e non per forza psicopatiche o caratteriali, finiscano per diventarlo in una realtà come quella USA che, al di là delle declamazioni individualiste, tende ad annullare o distruggere la personalità che non si adegua, lasciandola sola e senza alcuna protezione e sicurezza. Da questo punti di vista il film è riuscito perché lo si legge tra le righe, senza bisogno che lo si esprima se non con le immagini dell'indifferenza delle persone, della caducità dei rapporti, nello squallore senza fine dei motel, delle caffetterie e delle case che si susseguono tutte più o meno simili, in luoghi senza identità. Che se la tengano, l'America. E non ce la portino qui ché ce n'è già fin troppa.

Nessun commento:

Posta un commento