sabato 2 marzo 2013

Macbeth

"Macbeth" di William Shakespeare. Traduzione di Nadia Fusini, adattamento e regia di Andrea De Rosa, spazio scenico di Nicolas Bovey e Andrea De Rosa, costumi di FAbio Sonnino, luci di Pasquale Mari, suono di Hubert Westkemper. Con Giuseppe Battiston, Frédérique Loliée, Ivan Alovisio, Marco Vergani, Riccardo Lombardo, Stefano Scandaletti, Valentina Diana, Dennaro di Colandrea. Produzione Fondazione del Teatro Stabile di Torino/Teatro Stabile del Veneto "Carlo Goldoni". Al Piccolo Teatro Strehler di MIlano fino a domani.
Per fortuna Beppe Battiston è fornito di spalle possenti per reggere da solo un allestimento che a furia di voler essere originale risulta cervellotico, velleitario, truculento, esagerato e, in una parola indigesto, altrimenti il minuto scarso di tiepidi applausi, caldi solo nei confronti del portentoso attore udinese, si sarebbero tramutati in fischi. Non ho nulla in contrario a una rappresentazione non convenzionale della tragedia più cupa e anche più breve di Shakespeare, ma una sua rilettura in base alle psicosi e alle ossessioni sanguinolente e paranoiche del regista, magari abbondantemente carburata da abbondante uso di sostanze etiliche o lisergiche, come si potrebbe evincere da un Macbeth e dalla sua Lady che elaborano il piano diabolico di uccidere re Duncan nel pieno di un delirio alcolico suggestionati dalle profezie di tre osceni e bambolotti (i loro figli mai nati) che sostituiscono le tre streghe del testo originale: mi hanno ricordato quelli inquietanti appesi qualche anno fa da Cattelan ai rami di tre alberelli in Piazza XXV Aprile, a Milano. Come se non bastassero le voci registrate e meccaniche dei tre orridi pupazzi, a contribuire all'inquinamento acustico in sala ci si è messa anche quella gracchiante di Frédérique Loliée, che passa metà dello spettacolo a prodursi in agghiaccianti risate senza senso muovendosi con la rigidità di un automa cui è stato inserito un manico di scopa nel deretano ed esprimendosi in un italiano improbabile con l'intonazione dell'ispettore Cluseau. A completare questa versione pulp ma pretenziosa di una tragedia che ha per oggetto pulsioni umane basilari come la brama di potere nonché il meccanismo diabolico delle profezie che si autoavverano, scene ginecologiche di parto di feti insanguinati nati morti e altre virate al trash e al grottesco, come i due protagonisti che ripuliscono il pavimento di un soggiorno  tipo Ikea che costituisce la scena con il "mocio" Vileda. Teatro pieno ma pubblico assai poco convinto per un Macbeth insulso, grottesco più che realmente inquietante nonostante l'impegno e la bravura di Battiston, che sarebbe bello poter dimenticare al più presto. Se penso solo a quanto ho brigato per venire a vederlo, e pure fuori abbonamento, mi incazzo due volte. 

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