sabato 23 febbraio 2013

A furor di populisti

Tsunami Tour, Roma, Piazza San Giovanni, ieri sera
Avevo preso con me stesso l'impegno di rifiutarmi di andare a votare finché fosse rimasta in vigore una legge come quella che regola attualmente le elezioni parlamentari, ma sono giunto alla conclusione di recarmi lo stesso alle urne e questo a prescindere dalle perplessità che nutro sullo stesso concetto di democrazia rappresentativa, considerata la piega malata che essa ha preso ovunque, e dal fatto che considero il voto come un'opportunità, un diritto e non un "dovere". Meno che mai attaccano con me richiami al "voto utile" giustificati su base ideologica, così ho deciso e voterò Movimento Cinque Stelle. Per tre ordini di motivi. Il primo è che le sue liste sono le uniche con candidati scelti dal basso democraticamente e appartenenti alle circoscrizioni elettorali di provenienza, senza "blindati del segretario", come le liste-fuffa (e truffa) del PD, e capolista che si presentano, ubiqui, in tutte le circoscrizioni (cfr il compagno Ingroia). Inoltre, oltre ad avere la fedina penale pulita e a non essere iscritti a partiti e consorterie varie, non solo si impegnano a limitarsi al massimo a due mandati ma si considerano portavoce più che rappresentanti del movimento e di chi li ha eletti, il che viene incontro alla mia propensione per gli strumenti della democrazia diretta. In secondo luogo, ogni parlamentare in più al M5S ne significa uno sottratto a quella che con giusto disprezzo si chiama "casta", bastando questo fatto di per sé a illustrare fuori di ogni ombra di dubbio la tanto reclamata utilità del voto. Terzo motivo, il programma in 20 punti "per un'economia del bene comune". Ingenuo, irrealizzabile, vago, naturalmente populista, "incompatibile con gli impegni presi", che "non indica i mezzi con cui realizzarlo": è stato definito in ogni modo però mai discusso né confutato nel merito. Rimane però l'unico programma degno di questo nome presente in tutta la campagna elettorale che vada oltre alle consuete ricette "richieste dall'Europa" che hanno già portato al tracollo la Grecia e che si rivolga al cervello come al cuore delle presone andando oltre a un sistema che non si regge in piedi e dimostra ovunque il proprio fallimento: tutti gli altri sono pannicelli caldi all'interno della stessa logica che al più possono tapparne qualche buco momentaneamente rinviando un collasso che è già nelle cose, inevitabile. Populisti, fascisti, antipolitici: così sono stati dileggiati Grillo e Casaleggio e i loro "seguaci". Gente che ha abbindolato le folle (manco si trattasse di una setta), che però a decine di migliaia in carne e ossa hanno affollato le piazze durante le 77 tappe dello "Tsunami Tour" nonostante il freddo, la neve, la pioggia di questa campagna elettorale per la prima volta in versione invernale, e questo mentre le sale dei loro convegni erano semideserte e gli ascolti dei teatrini televisivi in cui si esibivano penosamente tutti gli altri protagonisti del caravanserraglio politicante crollavano al solo annuncio della presenza di un politico. Si è parlato di circonvenzione di incapaci, perché questa è la considerazione che delle masse hanno i dirigenti e attivisti dei partiti sedicenti, per l'appunto, di massa, a cominciare da quelli del PD, geneticamente afflitti dal complesso dei "migliori" per non parlare della spocchia dei loro supporter radical chic nel mondo della disinformazione a mezzo stampa, il clan scalfariano di Repubblica/L'Espresso su tutti. "Antipolitica", ha tuonato per mesi lo spregevole inquilino del Quirinale che, probabilmente per non sentire il boom che lo sommergerà, ha pensato bene di dileguarsi da Roma per rifugiarsi per sei giorni in Germania subito dopo la chiusura delle urne: il golpista a capo di questo Stato di cartapesta ha probabilmente fiutato l'8 Settembre suo personale e quello della indecente classe politica che gli ha conferito la carica più alta della nazione. E invece il messaggio più forte del M5S, con tutte le perplessità che uno possa avere, non è quello del rifiuto della politica tout court ma di questa politica, delegata a personaggi improbabili, ripugnanti, sconnessi con la realtà, cui deve sostituirsi l'impegno di ciascun cittadino (e non più suddito) per la propria parte e le proprie competenze, il che implica un coinvolgimento personale per prendere in mano le sorti del Paese che è l'esatto contrario dell'antipolitica che questi morti viventi continuano a evocare e l'antidoto per l'ignavia e la viltà che sono la tara storica dell'Italia. Con una chiosa: qui il voto non lo si "consegna" a nessuno, come dice Bersani, evidenziando la sua struttura mentale deviata, ma lo si utilizza per dare la propria voce a qualcuno in cui si ha fiducia per portarla all'interno del Parlamento. Se con questo si evita che ci torni il maggior numero possibile degli impresentabili che ne hanno fatto scempio finora, tanto meglio. Tutto qui.

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