venerdì 23 novembre 2012

La sindrome del casalingo frustrato


Sono quasi due settimane che mi trovo in Austria, catapultato in una dimensione a cui non riesco ad adattarmi: quella della convivenza. Cosciente dei miei limiti, l’ho sempre rifuggita salvo che durante il fallimentare esperimento della mia vita matrimoniale, follia durata cinque anni: un incubo che ho rimosso dalla memoria e il cui ricordo, trascorsi 15 anni dal suo inevitabile esito infausto quanto liberatorio, ha assunto una consistenza limbica. Questa volta il motivo non è una demenziale sfida, persa in partenza, con una condizione che, nelle convenzioni sociali appartiene alla normalità e per il mio modo di essere risulta contronatura (quando vedo con quanta energia perfino gli omosessuali combattono per vedere riconosciuta la loro unione sotto uno stesso tetto da parte dello Stato, questo Stato, e magari benedetta da Santa Madre Chiesa mi viene da scuotere sconsolato il capoccione), ma il senso di fraterna solidarietà con un cugino coetaneo a cui mi è venuto spontaneo prestare assistenza in un momento divenuto estremamente critico per motivi di salute. Cinquantenne “splendido-splendente”, in piena crisi d’andropausa, divorziato da qualche anno e uscito di recente scornato dall’ennesima relazione che doveva essere il grande amore della sua vita, si trova a dover affrontare una sfida decisiva che inevitabilmente segnerà una svolta nella sua esistenza. Qualunque sia l’esito. La battaglia si svolge anche sul fronte dell’alimentazione, che è stata rivoluzionata, e qui entro in scena io, che oltre a essere presente in quanto amico e famigliare, offro le mie prestazioni di cambusiere e di cuoco, considerata la sua totale inettitudine in materia, cercando altresì di mettere un minimo di ordine e di regolarità almeno nell’ambito di cui mi sono reso competente, in un quadro di disorganizzazione cronica, incompetenza e improvvisazione che rasenta il caos (e poi dicono degli italiani...): che continua a dominare il resto degli aspetti della vita del personaggio in questione, da cui ho cura di non farmi coinvolgere, ma trova la sua compensazione e viene calmierato quantomeno a tavola da un’alimentazione sana, equilibrata e ad hoc. Sono bastati un paio di giorni per confermarmi quanto già sapevo: se non ci teniamo accuratamente a distanza, riservandoci spazi e tempi di esclusiva titolarità, la convivenza tra noi è impossibile. Non per niente nell’arco di mezzo secolo non abbiamo mai fatto una vacanza insieme né condiviso lo stesso ambiente per più di 24 ore. Ero già preparato. Meno, a vedere emergere prepotentemente in me la classica sindrome della casalinga frustrata, la stessa che aveva colpito inesorabilmente mia madre dopo una decina di anni di matrimonio facendola desistere dall’impresa, e di cui è vittima la stragrande maggioranza delle donne che dividono la stessa casa con un uomo, ma anche alcuni esponenti di sesso maschile che si trovano ad avere a che fare con donne che per indole e comportamento sono simili a mio cugino: un caso del genere era proprio la mia ex moglie. Persone che per svariati motivi (una madre pervasiva che provedeva a tutto; comodità; cialtroneria congenita) riescono a far scattare un meccanismo per cui ottengono di scaricare intere parti della vita quotidiana, quelle che ritengono più sgradevoli, anche a costo di ammettere la propria incapacità o perfino stupidità in materia, sulle spalle di un altro, generalmente il convivente, il quale se ne fa carico dopo essere invariabilmente caduto nella trappola. Forse perché predisposto a esserne la vittima. Quando ce ne si rende conto è già troppo tardi, e alla fine le lusinghe e le lodi entusiastiche per i risultati di quanto viene ammannito non compensano le incazzature per la cronica mancanza di puntualità, il pressappochismo, l’indecisione su quello che si desidera (ossia: non solo “fai tu”, ma “pensa anche tu al posto mio”), la scarsa se non nulla collaborazione (non sono un formalista in questo senso, ma almeno piatti, bicchieri e posate, non dico una tovaglia, a tavola ci vogliono e non dovrei pensarci io mentre sto preparando magari tre pietanze diverse - a proposito trovo detestabili e ingestibili le piastre elettriche che usano a Nord delle Alpi: vanno a puttane tutti i tempi di cottura, e poi le “sicurezze” scattano per un niente e si spengono sul più bello), tutti aspetti che si trasmettono anche ai figli quando sono in visita, due ragazzini peraltro adorabili ma che quando stanno col padre ne imitano il comportamento e si adeguano ai suoi modi da cazzone. E allora mi ritrovo a urlare, uscire dai gangheri, imbestialirmi per le cose lasciate in giro, per la mancanza di serietà, di ordine, di disciplina, di rispetto e riconoscimento per il mio lavoro... No: non sono ancora arrivato a dire per la mia missione: non c’era arrivata neanche mia madre!

1 commento:

  1. AHahahahah ! Ma questa è la legge del contrappasso o una riedizione della "Strana coppia " ? Può darsi che tra quindici giorni , avrai un punto di vista completamente diverso...
    Saludos liguri

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