mercoledì 27 giugno 2012

Le città-museo dell'Albania


Butrint

Da sabato scorso, dopo aver attraversato tutto l’Epiro dalla parte greca, sono finalmente giunto in Albania, dove desideravo venire da anni. Almeno da quando, nel giugno del 1984, in vacanza a Kassiopi, nell’isola di Corfù, vedevo davanti a me una costa deserta, l’unica costruzione che ricordi era una specie di casamatta, probabilmente uno dei 700 mila bunker sparsi nel Paese come scudo difensivo dalla paranoia del compagno Henver Hoxha, che per 40 anni ha guidato l'Albania alla luce del marxismo-leninismo più delirante, tagliandola fuori dal mondo. Stalinista di ferro, aveva rotto con l'URSS dopo la "svolta" di Kruscev giudicandola revisionista, rivolgendosi alla Cina di Mao Zedong, precedendola perfino nella "rivoluzione culturale" che, distruggendo i retaggi culturali del passato, feudale o borghese che fosse, avrebbe forgiato l'Uomo Nuovo. Un precursore di Pol Pot, insomma. Dall'Albania arrivavano via etere solo le notizie di Radio Tirana, da cui anche in italiano su declamavano i pensieri di Mao e arrivavano le direttive per la rivoluzione, che si bevevano in estatiche sedute d'ascolto i filocinesi nostrani dell'Unione (poi partito) dei comunisti italiani (marxisti-leninisti) di Aldo Brandrali (ai giorni nostri riciclatosi in CL e Forza Italia) ridicolizzati con la definizione "quelli di Servire il pollo": andate a vedere qui la galleria di personaggi che ne facevano parte. In sostanza, non sono mai cambiati: coglioni erano, e coglioni sono rimasti. Nel 1984 era il Compagno Enver era ancora in auge, e a Corfù capitava che qualche albanese particolarmente fortunato riuscisse ad arrivarci a nuoto (quasi impossibile provare superare lo sbarramento di motovedette che pattugliavano lo strettissimo canale con una barca, ammesso e non concesso che chi voleva fuggire ne trovasse una). Alla morte di Hoxha, l'anno dopo, e in quelli successivi, ricordiamo come è andata a finire. Il tratti di costa di cui parlavo era quello di Butrint, dove si trovano le rovine di Butrint, località già abitata quando vi giunsero i primi greci da Corfù, nekl 6° secolo A.C. Fu poi romana e bizantina, e oggi si trova in un parco nazionale e archeologico curato amorevolmente che si trova 20 chilometri più a Sud di Sarandë, una moderna città e località portuale e turistica con belle spiagge in città e nei dintorni, e un mare pulitissimo, molto piacevole, in cui non ho notato alcuna costruzione più vecchia di trent'anni. 
Porto Palermo, sulla costa tra Sarandë e Valona
A una quarantina di chilometri verso Nord, all'interno, lungo una strada a serpentina tutto sommato ben tenuta che attraversa un paesaggio a tratti aspro e a tratti verdeggiante, si trova Girokastra (dal greco "castello d'argento"), una delle due "città museo" preservate come memoria del passato dalla furia del regime che, dopo aver vietato la religione (di per sé forse il guasto minore), altrove aveva portato alla distruzione di chiese e moschee. Nella'incantevole Girokastra no, così come sono state preservate le bellissime case in pietra, in maggior parte dell'Ottocento, alcune delle quali visitabili. La "città dei mille gradini", la chiamano, e ho apprezzato a pieno la verità della descrizione dopo la massacrante ascesa a piedi al Castello fortificato che la domina, e che conserva anche un "avion spiun" della NATO proveniente dalla base di Aviano che, trovandosi in avaria, è stato "convinto", giustamente, ad atterrare e sequestrato come trofeo nel 1957 ( il pilota fu rispedito a casa dopo qualche settimana). Probabilmente non a caso Girokastra è la città natale di Enver Hoxha, però anche di Ismail Kadare, il più noto scrittore albanese (nonché difensore dei diritti umani). 
Girokastra
L'altra città-museo è Berat, più a Nord ancora, che ho raggiunto dopo aver risalito tutta la costa, davvero notevole, da Sarandë attraverso lo strepitoso passo di Llogaraja a Valona, e da qui a Fier. Per i quaranta chilometri tra Fier e Berat ho impiegato qualcosa come un'ora e mezzo, e non a causa del traffico, ma dello stato disastrato delle strade: mi ha ricordato la Birmania di qualche mese fa, dove però non ero costretto a guidare, o Cuba, dove però avevo macchina a nolo. Sarà un caso, ma la viabilità è ciò che i tre Paesi hanno in eredità da dittature comuniste o simpatizzanti tali (come quella birmana). In comune, però, hanno la gentilezza, bontà, intelligenza delle persone che li abitano, evidentemente antidoto  universale all'idiozia e alla malvagità delle tirannie. 
Il quartiere di Mangalam visto da Gorica, a Berat
A Berat sorgeva una fortificazione illirica (e discendenti diretti degli illiri, che dettero a Roma imperatori del calibro di Diocleziano), poi ampliata dai bizantini, poi dai bulgari e dai serbi, fino a venire conquistata dai turchi nel 1450, e ottomana è rimasta l'impronta della città, in cui però islam e cristianesimo, ieri come oggi, hanno sempre convissuto pacificamente: lo si nota dalla cinquecentesca "Moschea di Piombo" che fronteggia la grande chiesa ortodossa nella piazza principale, con l'imam e il pope che si aspettano a vicenda per il caffè del mattino al tavolino di un bar: l'ho visto coi miei occhi e me lo confermava Altin, un laureato in archeologia e storia dell'arte a Ravenna e Bologna, ora dottorando a Tirana e che lavora per la soprintendenza, che mi ha fatto da guida nella visita alla "kalasa", la cittadella, fortificata, e alle sue stupefacenti chiese e cappelle affrescate, alcune ancora in buono stato. Il sito è sotto la tutela dell'UNESCO e sono in corso importanti lavori di restauro e mantenimento. Anche per il resto Berat, con i suoi tre quartieri Kalasa, Gorica (prevalentemente, ma non solo) cristiani e Mangalam, più musulmano, chiamata a sua volta la "città dalle mille finestre", è piacevolissima e varrebbe anche un viaggio più faticoso di quello che mi è toccato due giorni fa. 

1 commento:

  1. La prima cosa che ho pensato leggendo è stata "Loro son venuti qua, noi dovremmo andare là"; se non altro il lungo isolazionismo ha in parte preservato luoghi e ambienti e sono a due passi. L'Albania l'ho messa in agenda da un pezzo anche se ancora non posso permettermi di viaggiare fisicamente almeno lo posso fare con la mente e grazie ai tuoi bellissimi resoconti dove si respira l'avventura e lo spirito dell'autentico viaggiatore.
    Un saluto,
    Raffaele

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